Architetti bioedilizia: Tiziana Monterisi e la nascita della casa di riso
Durante la sua carriera di architetto, Tiziana Monterisi ha sempre cercato soluzioni naturali per realizzare edifici a impatto zero. Nel 2016, dopo essersi trasferita a Biella, immersa tra le risaie, ha capito che gli scarti del riso nascondevano un grande potenziale. Da qui è nata la sua azienda, Ricehouse, una società benefit che valorizza degli scarti della coltivazione del cereale per trasformali in materiali per l'edilizia sostenibile, dalle elevate prestazioni. Tra i più stimati e innovativi architetti della bioedilizia, oggi Tiziana ci racconta come è nata l'idea della casa di riso.
Cosa vuol dire, oggi, essere un bioarchitetto?
Il bioarchitetto è colui/colei che progetta e costruisce edifici secondo gli standard dell'architettura bioecologica.
Realizza case sane per l'uomo e per l'ambiente, con ciò che la natura ci offre, a energia zero e a impatto zero.
E tu hai deciso di sfruttare il riso (o meglio gli scarti della sua coltivazione), per costruire case più salubri. Come è nata questa idea?
Dopo essermi trasferita a Biella, nel 2010, ho iniziato a pormi delle domande rispetto a quello che vedevo bruciare all’interno dei campi di riso, e da lì è nata tutta la mia ricerca legata agli scarti del riso, l’uso della paglia (anche in architettura) e il mancato impiego della paglia di riso rispetto, invece, ad altre tipologie di paglie.
La prima casa di riso che abbiamo realizzato è stata la nostra: un vero e proprio esperimento costante, che ci ha permesso di capire molto sugli scarti del riso, sia dal punto di vista tecnico-scientifico (legato alle prestazioni) sia da quello ambientale.
L’Italia è il primo produttore di riso in Europa. In particolare, nella zona compresa tra Biella, dove viviamo e dove RiceHouse è stata fondata, e Pavia, si concentra oltre il 90% della raccolta nazionale.
Ciò che molti non sanno, però, è che ogni ettaro di terreno produce circa 7 tonnellate di riso e 10 tonnellate di scarto. Nel nostro Paese, ogni anno, si accumulano milioni di tonnellate di scarto (per lo più lolla, la pelle del riso, argilla e paglia) che sono destinate allo smaltimento in quanto non possono essere utilizzate in altri ambiti, come quello zootecnico.
Un vero peccato... se non fosse che, questi scarti, possono davvero trasformarsi in una risorsa.
Quindi gli scarti del riso possono essere utilizzati come materiali edili?
Già da fine ‘700 la paglia di altri cereali veniva utilizzata negli Stati Uniti, in particolare nel Nebraska, come materiale di costruzione, in assenza del legno.
Perché non fare la stessa cosa anche con la paglia di riso?
Per composizione chimica la paglia di riso è molto simile al legno, essendo costituita principalmente da cellulosa, lignina, minerali e silice. Inoltre ha un ottimo potere isolante, con conducibilità termica pari a 0,04 W/mK e calore specifico di 1900 J/KgK, che si traduce in uno sfasamento di 23 ore. Per sua natura ha buone qualità di controllo dell'umidità, è anallergica, biodegradabile e annualmente rinnovabile. E, cosa ancora più importante in ambito bioedile, il suo riutilizzo ha un'impronta ecologica nettamente inferiore rispetto al suo smaltimento: è quindi un materiale CO2 riduttore.
Valorizzando la paglia e gli altri scarti (che altrimenti verrebbero bruciati emettendo CO2) contribuiamo a salvaguardare il Pianeta e al tempo stesso trasformiamo i prodotti secondari della coltivazione del riso in materiali bioedili, che permette di costruire edifici sani e salubri.
Com'è fatta una casa di riso?
In realtà come le altre.
Con gli scarti del riso produciamo tutto ciò che serve per comporre interamente un involucro: dalle pitture agli intonaci, ai massetti, alle finiture, agli isolanti e ai pannelli.
Tutto quello che non è edibile, che non è nutrimento ma che è scarto, può essere valorizzato e utilizzato come materia prima seconda per la bioedilizia.
E i vantaggi non si fermano qui.
Costruire una casa di riso permette di ridurre in maniera drastica le emissioni di CO2, limitare l'estrazione di materie prime non rinnovabili e ridurre l'utilizzo di acqua potabile. Il 21% dell'acqua potabile viene infatti usato nei cantieri edili.
Arrivando poi a vere e proprie case a energia zero, senza impianto di riscaldamento, con conseguenti costi di gestione molto bassi (come quella che abbiamo raccontato qui).
Con la certezza che, a fine vita, quel prodotto non sarà un problema per le generazioni future ma un'opportunità. Diversamente dal tradizionale cappotto in EPS, che rappresenta un rifiuto speciale, i prodotti edili realizzati con gli scarti del riso a fine vita possono essere smaltiti con il compostaggio in quanto biodegradabili, oppure essere tritati per realizzare nuovo prodotto, in quanto completamente riciclabili.
Questo progetto ti sta dando grandi soddisfazioni (e importanti riconoscimenti)...
Sì. Ho vinto molti premi, tra cui il Mpw (Most Powerful Woman) della rivista online Fortune Italia nel 2021 e, nel 2022 uno dei Premi Eni Award 2022, istituiti per trovare nuove soluzioni tecnologiche per disporre di energia pulita, promuovere la ricerca scientifica, la sostenibilità e il rispetto dell’ambiente, che ho ricevuto direttamente dalle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
La strada da fare, però, è ancora tanta.
È fondamentale rendere il consumatore finale più consapevole, delle innovazioni e dei prodotti a disposizione ma soprattutto del loro impatto sull'ambiente. E servono normative chiare e concrete che spostino al produttore (invece che al consumatore) anche il costo di smaltimento dei prodotti e che valorizzino tutto ciò che permette di risparmiare energia, acqua, che non produce rifiuti e che non emette CO2. Come, appunto, gli scarti del riso.
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