In un’epoca in cui l’efficienza energetica e il benessere abitativo sono diventati requisiti imprescindibili, la facciata di un edificio non può più essere considerata un semplice elemento estetico. È per questo che sempre più spesso si parla di "facciata ventilata", sistema avanzato capace di trasformare radicalmente le performance di un edificio. Ma quali sono i materiali più innovativi per realizzarla?
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La facciata ventilata è un sistema a strati che prevede un’intercapedine d’aria tra il rivestimento esterno e la parete dell’edificio. Questo “cuscinetto” naturale svolge molteplici funzioni:
Il risultato? Comfort abitativo superiore, riduzione dei consumi e maggiore durabilità delle strutture.
È un approccio che risponde perfettamente alle esigenze del green building, perché coniuga efficienza e sostenibilità.
A differenza dei rivestimenti tradizionali, la facciata ventilata è dinamica: si adatta, respira, protegge. Una vera e propria terza pelle per l’edificio, che cambia il modo in cui si progettano e si vivono gli spazi.
Non sorprende, quindi, che architetti e progettisti la considerino sempre più spesso una scelta strategica per edifici sani, durevoli e a basso impatto ambientale.
Nel mondo dell’efficienza energetica e della riqualificazione edilizia, spesso si crea confusione tra facciata ventilata e cappotto termico. Due soluzioni che, pur avendo obiettivi simili, rispondono a logiche progettuali molto diverse. Capire le differenze è essenziale per scegliere il sistema più adatto alle proprie esigenze.
Il cappotto termico è un sistema “compatto”: consiste nell’applicazione diretta di pannelli isolanti sulla superficie esterna della parete, poi intonacati o rivestiti. Il suo compito principale è ridurre le dispersioni termiche, migliorando l’isolamento e abbassando i consumi energetici. È una soluzione largamente diffusa ed efficace, ma quando realizzata con materiali sintetici può risultare poco traspirante e più vulnerabile all’umidità.
Il cappotto in riso, invece, può garantire traspirabilità, salubrità e un impatto ambientale decisamente inferiore.
La facciata ventilata introduce un’intercapedine tra l’isolante e il rivestimento finale, creando un flusso d’aria naturale che regola temperatura e umidità. Questo sistema è più complesso, ma offre vantaggi significativi: migliora la salubrità delle pareti, riduce il rischio di muffe e condense, protegge dalle intemperie e aumenta la durata dell’involucro edilizio. Inoltre, consente una grande libertà progettuale dal punto di vista estetico.
La scelta dell'una o dell'altra soluzione dipende da obiettivi, clima, budget e tipo di edificio.
L’edilizia contemporanea è chiamata ad affrontare una doppia sfida: ridurre drasticamente il proprio impatto ambientale e, al tempo stesso, migliorare la qualità della vita di chi abita gli spazi costruiti. È qui che entra in gioco la bioedilizia, un approccio che non si limita a progettare edifici efficienti, ma che parte dalla materia stessa per ridefinire il concetto di costruire.
Oggi sappiamo che i materiali da costruzione tradizionali - come il cemento, il laterizio o i rivestimenti plastici - sono tra i principali responsabili delle emissioni globali di CO₂, del consumo di acqua e dell’estrazione di risorse non rinnovabili. Ma esiste un’alternativa concreta: impiegare materiali naturali e riciclati, possibilmente provenienti da filiere locali e a basso impatto.
Innovare in bioedilizia non significa solo sperimentare nuove tecnologie, ma ripensare l’intero ciclo di vita dei materiali: dalla provenienza alla produzione, fino allo smaltimento o al riutilizzo. Un materiale sostenibile, infatti, non deve solo isolare o resistere, ma anche contribuire a creare un ambiente salubre, essere riciclabile, non rilasciare sostanze nocive e integrarsi in un sistema costruttivo ad economia circolare.
La buona notizia? Le soluzioni esistono già.
I sottoprodotti della coltivazione del riso, ad esempio, rappresentano un modello virtuoso di come scarto e innovazione possano diventare i nuovi protagonisti dell’edilizia.
Ogni anno, dalla coltivazione del riso si producono enormi quantità di residui come paglia, lolla e pula, spesso considerati rifiuti e smaltiti con metodi inquinanti come la combustione. Ma se cambiassimo prospettiva? Se questi scarti diventassero risorsa?
Proprio da questa visione nasce l’approccio di Ricehouse, che ha scelto di valorizzare la materia prima seconda derivata dal riso per creare materiali innovativi per l’edilizia, come RH-FACE: un sistema di rivestimento e ventilazione per facciate composto da profili e travetti realizzati con un materiale composito a base di lolla di riso e PVC riciclato. Una soluzione che non solo risponde agli standard prestazionali più elevati, ma si distingue per il suo impatto ambientale ridotto e per un’estetica curata e contemporanea.
L’utilizzo della paglia e della lolla di riso apre scenari inediti. Questi materiali, grazie al loro elevato contenuto di silice, offrono una naturale resistenza a muffe e insetti, una buona traspirabilità e un’eccellente durabilità. In più, assorbono CO₂ invece di rilasciarla, contribuendo alla costruzione di edifici che sono veri e propri “contenitori” di carbonio.
Una facciata ventilata realizzata con RH-FACE offre numerosi vantaggi:
Inoltre, è disponibile in un’ampia gamma cromatica e con texture che richiamano il legno esotico, senza però sacrificare sostenibilità e sicurezza (sono disponibili profili con qualificazione NRO che possono essere utilizzati in strutture pubbliche).
L’utilizzo di un sottoprodotto agricolo come la lolla permette di sviluppare un prodotto che si inserisce perfettamente in una logica di economia circolare, riducendo gli scarti e valorizzando risorse altrimenti destinate allo smaltimento. Così, da un campo bruciato può nascere una casa di riso. E da uno scarto può nascere un nuovo modo di abitare.
Ricehouse ha sviluppato numerose soluzioni a base di scarti del riso, che uniscono sostenibilità ambientale, salubrità abitativa ed efficienza energetica. Scopri come usarli per realizzare case che respirano, nella Guida Gratuita che trovi qui.